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L'art.2105 del Codice Civile fissa i contenuti dell'obbligo di fedeltà da parte del dipendente. Il prestatore di lavoro non può trattare affari che siano in concorrenza con l'imprenditore, né per conto proprio, né per conto di terzi. Egli, inoltre, non può divulgare notizie che riguardano l'organizzazione e i metodi di produzione dell'impresa, né può farne uso in modo da recare pregiudizio all'impresa. Tale obbligo di non concorrenza (art. 2105 c.c.) può sussistere anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro, anche se sia stato fra le parti concordato un patto di non concorrenza in base all'art. 2125 c.c. Infatti il divieto di divulgazione di notizie aziendali (art. 2105 c.c. seconda parte) sembra invece ritenere che sussista anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro, prescindendo da apposita pattuizione è infatti penalmente sanzionata la sua violazione (art. 623 c.p.).
Il lavoratore è tenuto non solo a prestare la propria opera con diligenza ma anche con lealtà. Il medesimo non può eseguire lavoro per conto proprio o di terzi in concorrenza con l'imprenditore, quando questi però gli affida una quantità di lavoro atto a procurargli una prestazione continuativa corrispondente all'orario di lavoro normale secondo le disposizioni vigenti e quelle stabilite dal contratto di categoria.
Ma cosa accade se il dipendente viola tale obbligo? Nel caso di violazione di tali norme di legge, con conseguente infedeltà aziendale,può diventare ammissibile Il licenziamento per giusta causa. Questa sanzione è legittima se la condotta commessa dal dipendente risulti essere obiettivamente e soggettivamente idonea a ledere gli interessi dell'azienda, così da far venir meno la fiducia che il datore di lavoro ripone nel proprio dipendente e sia tale da esigere una sanzione non minore di quella espulsiva.
L'obbligo di fedeltà, la cui violazione può rilevare come giusta causa di licenziamento, si sostanzia nell'obbligo di un leale comportamento del lavoratore nei confronti del datore di lavoro e va collegato con le regole di correttezza e buona fede di cui agli articoli 1175 e 1375 c.c. Inoltre il lavoratore è tenuto a risarcire i danni provocati al datore di lavoro a causa della violazione dell'obbligo di fedeltà.
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